Age diversity

Team building in “formato sociale”: Riempire l’ordinario di stra-ordinario

“Mente Multiculturale”

Mauro ha 92 anni e una storia difficile alle spalle, fatta di pena e preoccupazione per un figlio disabile. Jamaal viene dal Pakistan e ha viaggiato molto in cerca di fortuna, per poi approdare in Italia. Giulia è friulana ed è partita da giovane per andare a lavorare alla Marelli di Sesto, dopo essere stata lasciata dal promesso sposo.

Sono alcuni degli ospiti di una casa di riposo, che ha ospitato un evento aziendale di team building in un formato davvero straordinario: quello di un incontro con storie di vita ricche e arricchenti.

Un’intera funzione di un grande gruppo bancario italiano, composta da 60 persone circa, ha vissuto una due giorni memorabile, a contatto con una realtà completamente sconosciuta a molti dei suoi componenti. Una realtà, quella della casa di riposo per anziani (tecnicamente inquadrata come RSA, Residenza Sanitaria Assistenziale), circondata da molti stereotipi e diffidenze. Una realtà che ha cambiato volto nell’immaginario dei partecipanti, perché, molto semplicemente, si è ridisegnata dei volti veri degli ospiti anziani incontrati e conosciuti.

Il format delle giornate ha preso le mosse da una scelta coraggiosa della responsabile della funzione: quella di superare le logiche ordinarie del team building per avventurarsi su un terreno stra-ordinario, il contatto con una realtà di fragilità sociale.

Come mettere in collegamento esperienze così differenti? L’idea guida è stata quella di lavorare sulla convivenza delle generazioni in azienda, sulla capacità (personale ed organizzativa) di creare ponti tra diversi approcci al lavoro e diversi “humus culturali” derivanti dall’appartenenza generazionale.
E così è nata l’idea di promuovere l’incontro diretto con una storia di vita, perché nell’ascolto maturasse la capacità di aprirsi al diverso (anche al “diverso” nel mio ufficio!). I partecipanti, divisi in sette gruppi, hanno preparato e poi gestito un’intervista ad un ospite della casa di riposo (uno per gruppo). In gruppo hanno poi progettato la messa in scena della storia ascoltata, supportati da due registi dello staff di Wise Growth.

Team building in "formato sociale"

Il momento più alto della due giorni è stata la rappresentazione teatrale da parte dei sette gruppi delle storie di vita ascoltate, alla presenza dell’ospite anziano che ne è stato protagonista. Al di là del facile scivolamento nel pathos, l’effetto delle performances teatrali è stato straordinario e potente: ogni storia è stata rispettata e trattata con la cura che si riserva alle cose più preziose, indipendentemente dal registro scelto per raccontarla.

Abbiamo riso e abbiamo pianto insieme agli ospiti, a sigillo di una relazione che, pur se maturata in fretta, è stata profonda e vera. Lo dicono i messaggi che ancora oggi, a mesi di distanza dalla due giorni, i partecipanti di Intesa San Paolo indirizzano al “loro” ospite per ricordarlo e salutarlo.

A memoria di quanto vissuto insieme, ognuno dei partecipanti ha lasciato impresso su un post it il proprio ringraziamento: un “lascito” importante per gli ospiti e per la struttura tutta, raccolto oggi in un quadro affisso in casa di riposo, in modo che tutti possano riassaporare le emozioni della strana “invasione” aziendale nei territori della fragilità sociale.

Una prima considerazione nata da questo esperimento coraggioso: dare alle persone la possibilità di incontrare una forte “alterità” (sia per quanto riguarda il luogo, che per le persone che lo abitano) è un’esperienza trasformativa, capace di modificare il proprio sguardo e di arricchirlo.

Un incontro vero e intenso, non mediato e neanche lasciato ad una testimonianza “estemporanea”. Un incontro in grado di muovere emozioni vere, di insegnarci il rispetto e la cura dell’altro, perché ci ha permesso di entrare nella sua vita e noi dobbiamo farlo in punta di piedi. Cosa può lasciare questo apprendimento stra-ordinario (nel doppio senso del termine!) alla dimensione ordinaria delle relazioni con i colleghi, i collaboratori, i responsabili sul posto di lavoro? Credo che il miglior riflesso sia proprio la “competenza” individuale dell’empatia, uno sguardo sull’altro capace di comprensione e ascolto attento.

Una seconda (e ultima) considerazione: toccare con mano le dinamiche di un’organizzazione diversa, nella mission e nelle logiche che la animano, è un’esperienza in grado di produrre “contaminazione positiva” all’interno della nostra.

In questo caso, entrare in contatto con una realtà che si prende cura di persone fragili ha fatto risuonare il tasto del valore sociale dell’impresa. Se è vero che l’azienda vive per il profitto, non può trascurare (o colpevolmente nascondere) il suo importantissimo ruolo sociale, fatto di attenzione al territorio su cui insiste, di cura per i propri dipendenti che si allarga inevitabilmente alle loro famiglie, di partecipazione attiva allo sviluppo locale.

Il connubio tra profit e non profit, realtà d’impresa e dimensione sociale si è rivelato generatore di ricchezza reciproca.

Un modello che potrà essere utilmente proposto per ricreare quanto i due giorni di team building nella casa di riposo hanno prodotto: sguardi nuovi e grati, da una parte e dall’altra.

Autore

Michele Rabaiotti

Nato a Milano nel 1972, ha ottenuto il diploma di laurea in Scienze dell’Educazione nel 1999, indirizzo “Esperto in Processi Formativi”, presso l’Università Cattolica di Milano.
Nel 2003 ha conseguito il Master biennale in Social Work presso la Boston University di Boston, MA.

Ha lavorato come formatore e consulente, soprattutto in ambito manageriale, per aziende nazionali ed internazionali. È inoltre attivo nel non profit, in particolare nel coordinamento di progetti di coesione sociale e nella direzione di una Fondazione che raggruppa sei consultori familiari di Milano. È certificato IAP di THT (Trompenaars Hampden – Turner) per la consapevolezza interculturale e collabora come Italian Country Specialist con Aperian Global, società statunitense che si occupa di training culturale per manager chiamati a lavorare all’estero.
Ha collaborato alla ricerca di Wise Growth sulla convivenza generazionale nelle aziende (M.C. Bombelli, Generazioni in azienda. Se gioventù sapesse, se vecchiaia potesse, Guerini e Associati, 2013)
È contributor nel volume “La Cultura del Rispetto. Oltre l’inclusione” di Bombelli M.C., Serrelli E., GueriniNext 2021.

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