Terna è la società che gestisce la Rete di Trasmissione Nazionale italiana (RTN) dell’elettricità in alta e altissima tensione ed è il più grande operatore indipendente di reti per la trasmissione di energia elettrica (TSO) in Europa. Ha un ruolo istituzionale, di servizio pubblico, indispensabile per assicurare l’energia elettrica al Paese e permettere il funzionamento dell’intero sistema elettrico nazionale: porta avanti le attività di pianificazione, sviluppo e manutenzione della rete, oltre a garantire 24 ore su 24, 365 giorni all’anno, l’equilibrio tra domanda e offerta dell’elettricità attraverso l’esercizio del sistema elettrico. Con oltre 75.000 km di linee in alta e altissima tensione, oltre 900 stazioni su tutto il territorio nazionale e 30 interconnessioni con l’estero può contare su un patrimonio di oltre 6.300 professionisti.
Nel 2024, Terna ha ottenuto la certificazione della parità di genere ai sensi della UNI PdR 125:2022. Quali sono le buone prassi adottate dal Gruppo e dalle quali altre aziende potrebbero trarre ispirazione? Lo abbiamo chiesto in una intervista esclusiva al Direttore Risorse Umane del Gruppo Terna, dott. Daniele Amati. Con il supporto del suo staff, il dott. Amati ci illustra l’importanza della parità di genere per il suo Gruppo, e l’approccio sistemico che contraddistingue Terna e che è necessario a qualsiasi azienda per percorrere la via verso la sostenibilità e l’inclusività.
Un passaggio chiave: quando la sostenibilità viene pienamente integrata nel piano industriale
Dott. Amati, nel 2024 Terna ha ricevuto un importante riconoscimento: la certificazione della parità di genere. Come è avvenuto?
Credo che non sia casuale che questo traguardo – che in realtà è un punto di partenza – sia stato raggiunto proprio ora: penso non sia una coincidenza che il 2024 è stato anche l’anno nel quale abbiamo rivisto integralmente i pilastri del nostro Piano di Sostenibilità, integrando quest’ultimo nel Piano Industriale 2024-2028. Con questo importante passaggio l’inclusione è entrata pienamente al centro dei valori del gruppo e del suo modus operandi.
Il tema della parità di genere, e più in generale delle pari opportunità, è divenuto nella maniera più esplicita possibile un elemento fondamentale nella creazione di valore, innanzitutto verso i nostri dipendenti. Attraverso la parità di genere, certificata ufficialmente attraverso un preciso sistema di gestione, noi ci irrobustiamo come Gruppo, e irrobustiamo il nostro profilo ESG. Si tratta insomma di un consolidamento interno della produzione di valore, che però si riverbera anche all’esterno in quanto diventa riconoscibile da tutti i nostri stakeholder. E questo vale anche più in generale per la capacità di rappresentare e includere maggiormente tutti i tipi di diversità, come ad esempio quella generazionale.
la certificazione non è un “bollino”, è un impegno per il miglioramento continuo che va mantenuto nel tempo.
Il senso della certificazione della parità di genere
Dott. Amati, la certificazione della parità di genere, nello specifico, cosa ha aggiunto al vostro Gruppo? Era proprio necessario certificarsi?
Innanzitutto, è importante sottolineare che la certificazione della parità di genere è soprattutto un modo per riconoscere ciò che l’azienda ha già fatto e cosa sta facendo. Abbiamo ottenuto la certificazione grazie al grande lavoro formativo, culturale e di welfare svolto negli anni. La certificazione non rende attenta un’azienda alla parità di genere, piuttosto riconosce l’impegno. Il secondo aspetto importante della certificazione è che essa aiuta a sistematizzare e a individuare “ciò che manca” (i famosi gap), e ciò che si potrebbe fare meglio o di più. Terzo aspetto, forse il più importante, la certificazione non è un “bollino”, è un impegno: essa ci obbliga a formulare e rispettare un piano strategico pluriennale di azioni, a monitorare molti indicatori qualitativi e quantitativi e a mettere in atto eventuali correttivi.
La certificazione, quindi, è un impegno per il miglioramento continuo che va mantenuto nel tempo. Alle aziende che vogliono certificarsi io quindi suggerirei, prima di tutto, di non spaventarsi: la certificazione non significa costruire qualcosa da zero, bensì riconoscere – e anche valorizzare e mettere a sistema – ciò che già c’è. È proprio il lavoro fatto per certificarsi che permette di adottare un’ottica integrata. Il piano strategico, creato e monitorato dal Comitato Guida per la Parità di Genere, non è un “di più” rispetto al business, ma uno stimolo di ulteriore sviluppo.
Coerenza e robustezza: abilitare la transizione
Dott. Amati, lei ha citato la robustezza e la presenza di un “sistema di gestione”. Di cosa si tratta e perché è così importante? Pensa che il settore in cui operate sia stato importante nello spingere questa evoluzione?
Assolutamente sì. Dobbiamo tenere conto che Terna, in questo momento storico, ha il preciso mandato di abilitare la transizione energetica in Italia. Per Terna, dunque, essere sostenibili non è soltanto una scelta, ma anche una necessità. Nessuno oggi si può permettere di ignorare i temi dell’inclusione e della sostenibilità. Si potrebbe dire che sotto il profilo della sostenibilità Terna è “sotto i riflettori” per il suo mandato specifico. Per essere all’altezza di questa sfida, il Gruppo deve dimostrare in maniera incontrovertibile una corretta capacità di gestione del proprio operato e di tutti quelli che sono i possibili profili di rischio (umani, ambientali, tecnologici, economici e così via).
Ecco perché è fondamentale la presenza di un “sistema di gestione integrato”, cioè di una collezione ordinata di tutti i processi, le procedure, i ruoli, le funzioni e le materialità, sempre aggiornata e mantenuta nel tempo da team esperti e dedicati, grazie alla quale risulta evidente come il lavoro di ciascuno è strettamente collegato con il lavoro di tutti. Solo così Terna può far fronte al compito che le spetta, dimostrando di perseguire la sostenibilità e rappresentando anche all’esterno la propria affidabilità, che si concretizza, poi, nei rating ESG delle agenzie specializzate come Standard & Poors e Moody’s.
Un approccio sistemico radicato nella cultura aziendale
Dott. Amati, ha detto che in Terna è evidente come il lavoro di ciascuno sia strettamente connesso al lavoro di tutti. Questa consapevolezza fa parte della vostra cultura aziendale?
L’approccio sistemico è innegabilmente un’impronta, uno stile del lavorare in Terna. Questo “lavorare in maniera connessa” ha avuto un ruolo del tutto speciale, ad esempio, nell’ottenimento della certificazione della parità di genere. Ottenere questa certificazione richiede il coinvolgimento di moltissime funzioni, rappresentate naturalmente da molte persone diverse. E in Terna, anche a detta dei consulenti che ci hanno accompagnato, il coinvolgimento di tutti questi attori è stato davvero efficace: non semplice e non veloce, perché comunque il lavoro fatto è stato estremamente complesso.
Il team Diversity & Inclusion è stato l’owner del processo globale, ma tutte le persone coinvolte hanno dimostrato prontezza nel mettere a disposizione le proprie competenze. Credo che questa esperienza abbia dato un valore aggiunto, in quanto è stata anche uno “specchio” che ha messo in evidenza lo stile collaborativo dentro Terna, rendendo tutti più consapevoli. Ma non si tratta di un’esperienza nuova per noi: ad esempio, il team che lavora tutti gli anni al bilancio di sostenibilità riferisce di sentirsi come un “cercatore di tesori”, esprimendo la sensazione di avere – ancora una volta attraverso i sistemi di gestione – mappe precise per individuare e mettere a sistema tutto ciò che viene fatto e che contribuisce alla sostenibilità, nostra e del Paese.
L’engagement delle persone
Dott. Amati, pare che l’approccio sistemico, la forte connessione interna ed esterna, il tema della sostenibilità e quello dell’inclusione, oltre al lavoro esplicito e condiviso su questi temi, possano alla fine avere un forte effetto di motivazione e appartenenza sulle persone.
Credo proprio che “imprese collettive” come le certificazioni e i bilanci di sostenibilità, sebbene richiedano a tutti uno sforzo particolare, e forse di uscire dalla propria “comfort zone”, possano avere proprio questo effetto motivante e responsabilizzante. Nella quotidianità a volte è facile focalizzarsi sul proprio lavoro e dimenticare come questo si collega agli altri nel raggiungimento della mission comune. Ecco, chiedere a tutti di lavorare per riconoscere e rendere esplicite le connessioni finisce, a mio parere, per migliorare ulteriormente la qualità del lavoro. Possiamo dire che “ciò che finisce nel mio piatto finisce anche nel piatto del vicino”, e questo è importante in un’epoca nella quale è diventato molto difficile creare ingaggio e senso di appartenenza nelle organizzazioni, specialmente nei confronti delle nuove generazioni.
Negli ultimi anni Terna ha avuto un enorme ricambio generazionale assumendo molti giovani e creando quindi un forte contesto multigenerazionale, con i benefici ma anche con i rischi del caso, come incomprensioni e pregiudizi reciproci. Inoltre, come tante aziende, siamo usciti da quattro anni di lavoro da remoto, a causa della pandemia, da un forte cambiamento delle modalità lavorative, e servono quindi tempo e occasioni per ricostruire un un senso del lavoro più motivante e inclusivo. È importante far percepire a tutti, fino all’ultimo assunto, questa connettività e questo destino comune. Per il nostro ruolo e le attività che svolgiamo, siamo un’azienda molto particolare e abbiamo un forte orgoglio per ciò che facciamo.
Un ponte tra le generazioni
Dott. Amati, ha citato la convivenza non sempre facile tra le generazioni. I temi della parità di genere e della sostenibilità possono quindi essere un “ponte tra generazioni”, due temi su cui si incontrano e si “accendono” i lavoratori più giovani, quelli più anziani, e magari anche terreno di incontro tra altre tipologie di diversità?
Sì, appunto, in Terna abbiamo avuto un forte ricambio generazionale tanto che oggi la quota di “under 30” è veramente significativa. In 10 anni l’età media è calata di quasi 10 anni e si è creata una situazione abbastanza polarizzata in termini di età. Teniamo anche conto che gli ingressi sono avvenuti spesso in un periodo di lavoro da remoto, quindi con poche occasioni di frequentazione dei colleghi. Le diversità si sentono, eccome: a volte si ha proprio l’impressione che le generazioni siano portatrici di scale di valori “ribaltate”.
Per questo penso che parità di genere, parità di opportunità, equità, inclusione, sostenibilità e altri temi come questi possono davvero connettere tra loro le generazioni e le loro priorità. In altri tempi, per la motivazione, l’appartenenza e la creazione di comunità si faceva leva su altri aspetti, oggi più difficili, come ad esempio il volontariato aziendale. Oggi i temi della parità, dell’apertura, della sostenibilità possono aiutarci a “mettere a terra” un linguaggio comune e condividere i valori.