Sfide e risorse dell’AI nei processi HR
L’intelligenza artificiale sta entrando a pieno titolo nel mondo della gestione delle persone, promettendo di rivoluzionare il modo in cui si selezionano, valutano e fanno crescere talenti all’interno delle organizzazioni.
Ma come ogni innovazione potente, l’adozione dell’AI nei processi HR richiede una consapevolezza nuova: occorre saper bilanciare efficienza e umanità, rapidità e inclusione. Il libro Intelligenza artificiale nei processi HR. Una gestione aumentata del personale (Franco Angeli, 2025), di Alessandra Lazazzara e Stefano Za, esplora questo terreno complesso, offrendo spunti preziosi per chi si occupa di persone e organizzazioni.
Un’alleanza consapevole tra intelligenza umana e artificiale
Nel mondo HR, l’AI promette di migliorare processi chiave come il recruiting, la gestione delle performance e la formazione continua. Tuttavia, ogni nuova tecnologia porta con sé anche rischi. Gli algoritmi non sono immuni dai bias: anzi, se addestrati su dati storici non inclusivi, possono amplificare discriminazioni di genere, etnia o età. Non basta quindi adottare strumenti intelligenti: serve una strategia che ponga la tecnologia al servizio della dignità umana, evitando che il monitoraggio si trasformi in sorveglianza e che la fiducia venga erosa in nome dell’efficienza.
Il mito che l’AI renda automaticamente le decisioni più oggettive viene smontato da numerosi esempi concreti. Gli episodi riportati dall’autrice e dall’autore, come il caso dell’algoritmo di selezione ritirato da Amazon o gli studi sui bias di genere nei sistemi di traduzione automatica, mostrano quanto sia facile replicare stereotipi inconsci. Anche nei processi di feedback e performance management, l’AI può generare effetti indesiderati se le persone percepiscono i giudizi algoritmici come meno accurati rispetto a quelli umani.
Costruire processi HR aumentati, non automatizzati
Occorre che l’adozione dell’AI segua una logica di supporto e potenziamento delle competenze umane, non di sostituzione. Automazioni mirate – come la creazione di annunci di lavoro più inclusivi o l’analisi dei dati sui processi di selezione – possono liberare tempo e risorse per attività più strategiche, senza compromettere il valore delle relazioni umane. Strumenti come Textio, che aiutano a redigere job advertising privi di linguaggio discriminatorio, rappresentano un esempio concreto di come l’AI possa favorire diversità e inclusione se progettata con consapevolezza.
È fondamentale anche distinguere tra le attività che possono essere automatizzate con un basso grado di rischio – come la pubblicazione di annunci o il reporting dei dati di selezione – e quelle che richiedono sempre una supervisione umana, come la scelta del candidato da assumere o la valutazione delle performance. Il vero pericolo non è l’AI in sé, ma l’uso acritico o superficiale di strumenti complessi che richiedono competenze nuove e una solida cultura dell’inclusione.
Una visione strategica per un futuro più umano
Guardare all’adozione dell’AI come a una “scala per salire sulle spalle dei giganti” significa riconoscere il potenziale trasformativo di queste tecnologie, senza perdere di vista i rischi. L’intelligenza artificiale nei processi HR può accelerare l’innovazione e migliorare l’equità, ma solo se governata con attenzione critica, visione etica e rispetto per l’unicità delle persone.
L’approccio che emerge dal libro di Lazazzara e Za non è né entusiastico né catastrofista, ma profondamente pragmatico: abbracciare l’AI come alleata, senza affidarsi a un determinismo tecnologico cieco. Il futuro delle organizzazioni non dipenderà solo dalla potenza degli algoritmi, ma dalla capacità delle persone di integrare intelligenze diverse — umana e artificiale — in un progetto comune di crescita sostenibile.