È tutta una questione di numeri. Più che di vacanze, si tratta di un gioco di incastri spesso impossibili.
Il mismatch fra vacanze scolastiche e ferie lavorative
Il calendario scolastico italiano prevede un periodo di vacanze estive fra i più lunghi d’Europa: quasi 100 giorni, circa 14 settimane.
I giorni di ferie, in media, sono circa 28 in un anno, nel caso di lavoratrici e lavoratori dipendenti; discorso diverso e raramente migliore per chi lavora a Partita Iva.
Per tutti quei genitori già molto provati al termine di un anno scolastico pieno di incastri, la conciliazione durante i mesi estivi non è che la ciliegina sulla torta. L’estate è infatti quel periodo dell’anno in cui anche quei servizi minimi garantiti dallo Stato si fermano con moltissime persone che si trovano a dover far fronte alla gestione delle vacanze dei figli e delle proprie ferie, spesso con strumenti a disposizione insufficienti per un periodo così lungo.
I risvolti della difficile conciliazione tra vita lavorativa e familiare
C’è chi parla di family fatigue o stress famigliare che colpisce soprattutto le donne, le quali si ritrovano, in questo periodo dell’anno, a far fronte a responsabilità che si moltiplicano ulteriormente. Situazione aggravata da una rete di aiuti allentata, che viene meno proprio quando servirebbe di più, con un incremento ulteriore del carico mentale, già a sfavore di molte donne durante tutto l’anno.
Secondo un’indagine Istat, il 74% delle donne occupate con figli sotto i 14 anni segnala “gravi difficoltà” nella conciliazione tra vita lavorativa e familiare nei mesi estivi. Una su tre rinuncia alle ferie o le usa interamente per gestire i figli. Non è una questione di “disorganizzazione personale” ma di disfunzione strutturale.
Un’anomalia tutta italiana: tra retaggi storici e nuove disuguaglianze
Questo tema si ripropone in maniera ciclica e si incrocia con aspetti quali il tasso di occupazione femminile che, seppur tra i più bassi d’Europa (circa 54% contro il 70% dell’Unione Europea), è incrementato negli ultimi anni. Il calendario scolastico italiano, se confrontato con altri Paesi europei, non prevede meno giorni di scuola totali ma prevede la pausa estiva più lunga. I motivi sono da rintracciarsi nel passato agricolo del Paese e alla conseguente necessità di manodopera per il raccolto. Si tratta evidentemente di un anacronismo e, dati alla mano, in un’anomalia nel contesto europeo e tra le economie avanzate in generale, con molteplici ricadute a diversi livelli.
È giusto anche tener conto che non tutte le famiglie hanno la possibilità di andare in vacanza, né di sostenere la spesa per l’iscrizione a campus estivi e altri servizi privati: si tratta, in sostanza, di un privilegio: il privilegio di poter permettersi soluzioni private come i campus estivi, lasciando indietro chi non ha mezzi economici adeguati e contribuendo così ad aumentare il divario fra le persone.
Il periodo estivo con calendari scolastici e lavorativi spesso inconciliabili può essere vissuto in maniera molto stressante e faticosa, e non c’è da stupirsi, né da sentirsi in colpa, se alcune persone attendono il rientro al lavoro e il ritorno a ritmi più regolari.
Quali soluzioni per una migliore conciliazione?
Innanzitutto, a livello istituzionale e legislativo, si potrebbe lavorare ad una riforma per ridistribuire le vacanze in modo più uniforme durante l’anno scolastico, anziché concentrarle in estate, con pause più frequenti e più brevi, meno impattanti e dannose anche per l’apprendimento. Alcune ricerche, infatti, parlano di un summer brain drain, ovvero un meccanismo di regressione cognitiva che comporta la perdita delle competenze acquisite durante l’anno.
A testimonianza della crescente attenzione pubblica verso queste tematiche, l’iniziativa “Ristudiamo il calendario” promossa da Mammadimerda insieme a WeWorld ha raccolto oltre 73.000 firme, portando all’attenzione delle istituzioni l’urgenza di ripensare un calendario scolastico più equo e sostenibile per tutte le famiglie
Questo potrebbe tradursi in una progettazione responsabile dei servizi educativi estivi, con un’offerta accessibile, di qualità e pubblica.
Andrebbero inoltre implementate politiche che incentivino e normalizzino il coinvolgimento dei padri, contribuendo a rendere la cura non più un onere individuale, ma responsabilità condivisa. Riforme che non possono prescindere dalla riallocazione della spesa pubblica a favore delle fasce più giovani della popolazione e di investimenti necessari a raggiungere questi obiettivi (assunzione di personale, riqualifica degli edifici scolastici, ecc.).
Il ruolo delle aziende
Anche le aziende possono avere un ruolo fondamentale in questo processo di cambiamento e alcune si stanno già adoperando nel tentativo di supplire alle mancanze delle istituzioni.
Infatti, promuovere politiche a favore della natalità facendo pressione sui potenziali genitori attraverso promesse e incentivi non può essere la soluzione a un problema più strutturale, che va risolto creando le condizioni economiche, ma anche sociali e culturali per fare figli. In tal senso, le aziende più lungimiranti hanno capito che occuparsi delle proprie persone, supportandole con adeguati strumenti di welfare è fondamentale Tra questi rientrano, ad esempio, la possibilità di lavorare completamente da remoto nei mesi estivi, l’offerta di campus estivi, del tutto o in parte finanziati dall’azienda, oppure asili nidi aziendali aperti anche da agosto.
Nuovi modelli genitoriali oltre gli stereotipi
Ed infine, anche fra genitori, è fondamentale che si parli sempre più di genitorialità condivisa, superando stereotipi che ancora oggi vedono nelle donne le principali responsabili della cura dei figli, specialmente nei mesi estivi.
Occorre abbandonare una narrazione che glorifica il sacrificio in favore di modelli diversi, più umani, più giusti più attuali. Perché un vero cambiamento sociale e culturale su questi temi passa inevitabilmente dal superamento di tutta una serie di stereotipi e pregiudizi, il cui beneficio sarebbe concreto per donne, uomini e intere famiglie.
E, concluse la pausa estiva e le cosiddette “vacanze”, ci attende il rientro: per molte e molti di noi fonte di ansie, preoccupazioni e stress. Un nuovo anno scolastico da affrontare, ancora una volta, al meglio delle nostre capacità.
