LGBTQIA+ Sport e benessere

Sport e inclusione delle persone transgender 


Sport e inclusione delle persone transgender 

Scritto da Bianca Iula

L’attività aerobica fa sempre bene alla salute e ne farebbe ancora di più alle persone transgender che invece, in questo come in molti altri ambiti, subiscono forti limitazioni sia giuridiche che psicologiche. Non parliamo tanto dell’attività agonistica, quanto della possibilità di frequentare dei luoghi dove fare sport. Certo, è sempre possibile farsi una camminata in solitaria, ma non è così semplice unirsi a un gruppo per andare in montagna. La maggior parte delle persone trans non fa nessuna attività aerobica, proprio nel momento in cui ne avrebbe maggiormente bisogno per via della terapia ormonale sostituiva che agisce soprattutto sul flusso cardio-circolatorio.

Quali sono le limitazioni giuridiche e in quali luoghi si incontrano?

Un percorso di affermazione di genere dura non meno di quattro anni e solo dopo tre la persona trans riesce a rettificare il proprio nome e genere. Questo è il primo scoglio, in quanto l’accesso agli spogliatoi di luoghi come palestre e piscine è basato sul sesso indicato sul documento di identità.
Le uniche eccezioni, almeno nella mia esperienza personale, sono le palestre di danza, yoga e pilates. La prima volta che sono andata in una palestra di danza, ho detto al personale che sono una donna transgender, chiedendo quale spogliatoio poter usare. La risposta mi ha spiazzata: “Vai dove ti senti meglio”. Sono andata in quello femminile e l’unico disagio che ho provato nel cambiarmi è dipeso dall’età delle ragazze presenti, tutte più giovani di me. Nessuna mi ha considerata, un’occhiata e via, praticamente sono stata ignorata.

Quando ho provato pilates e yoga, invece, erano talmente pochi gli uomini iscritti, che avevo a mia disposizione un camerino esclusivo per cambiarmi. In seguito ho fatto coming-out scoprendo che non era importante dove cambiarmi. Nel mio gruppo di danza moderna, infine, non ho mai avuto nessun problema.

E quelle psicologiche?

Al principio del percorso, il fisico è ancora quello biologico e la persona transgender è a disagio ad accedere allo spogliatoio “sbagliato”. La disforia di genere può aumentare parecchio e far sì che si scelga di non andare da nessuna parte.
 Entrano in gioco anche tutte le paure di non essere accettate o accettati, magari derise o derisi e che sia usata con noi la grammatica “sbagliata”.

Il misgendering, infatti, è un’altra delle componenti che feriscono profondamente, portando a credere di non fare abbastanza per essere il genere che ci sentiamo di essere. Esistono infine limitazioni fisiche e biologiche, laddove ci siano una componente di disagio e paura di transfobia, in special modo quando il percorso è avanzato, ma non sono state fatte le eventuali operazioni chirurgiche. Nel mio caso di donna con l’organo genitale maschile, in quale bagno dovrei fare la doccia senza il rischio di sbagliare? In quello maschile, infatti, ho la paura che si verifichino episodi di machismo, mentre, in quello femminile, che qualcuna possa sentirsi violata. Viceversa, per l’uomo trans, l’avere al contempo la barba e l’organo genitale femminile potrebbe portare a subire fenomeni di bullismo in uno spogliatoio maschile.

Nei primi anni del percorso di transizione, le persone transgender non svolgono alcuna attività aerobica e spesso hanno una vita sociale ridotta in cui tendono a frequentare solo altre persone trans. Quando il percorso è avanzato, oppure l’età della persona trans è matura, nei casi giuridicamente possibili, la persona impara ad accettarsi, senza considerare il giudizio altrui.

La situazione in Italia, tra stereotipi di genere e discriminazione

Tra le associazioni transgender e LGBTQ+, sono poche quelle che forniscono aiuto al di là del percorso clinico. Un’eccezione è quella di cui faccio parte (Associazione per la Cultura e l’Etica Transgenere) dove ho orgogliosamente contribuito alla creazione di una squadra di calcio a cinque mista, cioè senza genere.
Purtroppo, per i motivi già accennati, come l’accesso agli spogliatoi e l’assenza di squadre di genere misto, non ci si può iscrivere a nessuna squadra sportiva, anche se amatoriale.

Sport e inclusione delle persone transgenderL’associazione Open Milano Calcio si è messa in contatto con noi chiedendoci se avessimo una squadra per partecipare ad un torneo, da loro organizzato e rivolto a persone LGBTQIA+ e non solo. Abbiamo creato una squadra, seppur a fatica, e ho partecipato anch’io in virtù del mio passato maschile da giocatore di calcio. È stato interessante per me constatare le differenze di genere dovendo, ad esempio, proteggere il seno in questo caso. Si è trattato di una bella esperienza e, dopo due giorni, alla nostra associazione si erano iscritte venti persone trans e non binarie per partecipare agli allenamenti settimanali, che sono gratuiti per le persone associate. Un segno che la voglia di fare attività motoria e socializzare è tanta. Unico neo: il 98% non sono donne transgender. Il calcio rimane appannaggio di uomini e persone non binarie.

Anche per quanto riguarda gli altri sport, non esistono ad oggi delle squadre miste e in cui le persone transgender siano rappresentate. Anzi, alcune testimonianze raccolte, ad esempio, nella pallavolo, segnalano esserci ancora una forte discriminazione e transfobia.

Spunti per uno sport più inclusivo

Occorre che gli enti sportivi e gli organi preposti prendano in considerazione anche le attività non agonistiche e modifichino i regolamenti per accogliere sia le persone LGBTQIA+ che quelle di altre minoranze e categorie sotto-rappresentate.

Sport e inclusione delle persone transgender 
Andrebbe inoltre rivolta una formazione anche alle dirigenze sportive, ad allenatrici e allenatori per far conoscere le differenze fisiche delle persone trans, valorizzandole anziché discriminarle e tutelandone la sicurezza. Lo sport dovrebbe unire, ma in Italia è ancora molto divisivo e ci sono sport, come il tiro con l’arco, dove , nonostante la fisicità non conti, le differenze di genere permangono, traducendosi nella separazione delle e dei partecipanti per genere biologico e sessuale.

Autore

Bianca Iula

Bianca Iula è programmatrice web di siti di e-commerce.
Donna transgender, è divulgatrice di tematiche trans negli ambiti del mondo del lavoro, del diversity management, del settore medico scientifico e della medicina di genere.
Nel suo blog ”Simiula” racconta la sua transizione.

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