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Il Codice rosso contro la violenza di genere: cosa è cambiato dopo un anno

due donne contro la violenza di genere
Scritto da Ilaria Li Vigni
L’attuale emergenza sanitaria rischia di aggravare un problema strutturale della nostra società, la violenza di genere.

Le misure restrittive, seppur necessarie, stanno avendo conseguenze negative negli ambiti familiari segnati dalla presenza di maltrattamenti e violenza di genere, fenomeni che, nel nostro Paese, sono, purtroppo, diffusi e sommersi.

Se le necessarie misure di distanziamento sociale hanno costretto molte attività non essenziali a fermarsi, le azioni per contrastare la violenza di genere non possono essere bloccate.

Oggi, forze dell’ordine e magistratura hanno a disposizione una serie di norme per rendere più efficace il contrasto a questa seria problematica.

Tra queste, il 9 agosto 2019 è entrata in vigore la legge n. 69, detta “Codice Rosso”, che introduce «modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere».

Il provvedimento legislativo nasce con l’obiettivo di apportare modifiche significative al sistema di repressione penale della violenza domestica e di genere, al fine di far fronte al sempre più crescente stato emergenziale collegato alla commissione di tali reati.

Tale intervento normativo si sviluppa lungo due traiettorie, la prima sul lato processuale, la seconda su quello sostanziale.

Sul lato processuale, la riforma mira a tracciare una “corsia preferenziale” per quei reati “spia”, in modo tale da assicurare l’immediata istaurazione del processo e ridurre, così, i tempi per l’adozione di eventuali provvedimenti protettivi. In particolare, si intende evitare una stasi nell’iscrizione della notizia di reato o nello svolgimento delle indagini, tali da compromettere la tempestività degli interventi e così l’incolumità fisica e psichica delle vittime.

Sul lato sostanziale, invece, si assiste ad un inasprimento del trattamento sanzionatorio di alcuni delitti e all’introduzione di nuove forme di reato, come quella sul revenge porn.

Più precisamente il testo legislativo introduce quattro nuove fattispecie:

  • il delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387 bis c.p.)
  • il delitto di costrizione o induzione al matrimonio (art. 558 bis c.p.)
  • il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate, il cosiddetto revenge porn (art. 612 ter c.p.)
  • il delitto di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies c.p.).
Il codice rosso è, sicuramente, una novità legislativa che nel complesso, tra luci ed ombre, appare utile al fine di contrastare i reati di genere, che purtroppo si verificano sempre più spesso nel panorama sociale italiano.
violenza di genere

Il legislatore ha cercato una risposta alla maggiore sensibilità della società rispetto ai reati che nascono e si consumano tra le mura domestiche, perlopiù contro donne e minori.

Tuttavia è già possibile fare alcune considerazioni.

Innanzitutto, non dimentichiamo che i reati di cui si tratta sono effettivamente particolari perché si innestano, molto spesso, in una situazione di vicinanza fisica e psicologica protratta nel tempo tra autore e vittima.

Tali condotte si consumano per un lasso di tempo solitamente non istantaneo e trovano ragione proprio nel legame (o ex legame) tra reo e persona offesa.

Bisogna inoltre tenere conto che spesso sono coinvolti indirettamente anche dei minori che il più delle volte subiscono in silenzio e vengono strumentalizzati dagli adulti, soprattutto in situazioni di violenza domestica caratterizzate da escalation di conflittualità.

Inoltre viene riposizionata, al centro del processo, la persona offesa, “vittima vulnerabile”, con più ampi diritti e facoltà.   

Tuttavia, come tutte le norme che introducono accertamenti “sommari” a carico di un soggetto, anche il Codice Rosso si può prestare ad utilizzi strumentali: da parte delle asserite vittime, spesso, è sufficiente una mera denuncia per ottenere provvedimenti cautelari personali.

Donna con lividi e un fiore in mano, contro la violenza di genere

Le procedure più spedite sopra descritte implicano un aumento del lavoro per le Procure e la Polizia Giudiziaria.

Tuttavia, il rischio di errori giudiziari in questo contesto è dietro l’angolo: infatti l’urgenza dei fenomeni rende effettivamente difficile per gli operatori della giustizia (Polizia Giudiziaria, Pubblico Ministero e Giudice per le indagini preliminari in primis) individuare e selezionare le situazioni concretamente urgenti da quelle che necessitano di un vaglio investigativo o che possono rivelarsi addirittura infondate.

Si ritiene quindi che, per tali reati dall’accertamento complesso e dalle condotte non sempre decifrabili, se è vero che spesso, le sole dichiarazioni della persona offesa sono sufficienti per adottare una misura pre-cautelare o un giudizio di colpevolezza, tuttavia, quanto più probante è il materiale raccolto, tanto maggiore sarà la probabilità di dare definitiva tutela e giustizia alla vittima.

 

Autore

Ilaria Li Vigni

Avvocata penalista, iscritta all’Ordine degli Avvocati di Milano e specializzata in diritto penale dell’economia, reati contro la Pubblica Amministrazione, contro la persona e la famiglia. Consigliere dell’Ordine regionale dei Giornalisti. Consulente legale Consolato USA a Milano. Si occupa di tematiche di genere nell’avvocatura, coordinando corsi di formazione in materia di diritto antidiscriminatorio e pari opportunità e leadership presso le Istituzioni Forensi e le Università. Giornalista pubblicista e autrice di saggi.

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