Donne Lavoro e Management Leadership

Cosa ci dicono sul lavoro e il potere le dimissioni di Jacinda Arden?

Cosa ci dicono sul lavoro e il potere le dimissioni di Jacinda Arden?

Le dimissioni di Jacinda Arden, a capo del governo neozelandese dal 2017, hanno suscitato molte reazioni negli ultimi giorni. Alcune sono state composte e lucide, proponendo spunti di riflessione e prospettive diverse sulla vicenda. Altre invece, meno pubblicizzate perché politicamente scorrette, sembrano avere come filo conduttore una considerazione: “come volevasi dimostrare, le donne non sono adatte a posizioni di potere”.

Sostenibilità e posizioni di vertice

Vorrei cercare di commentare questa notizia sviluppando alcuni elementi correlati tra loro che devono essere tenuti in considerazione.

La prima riguarda il disegno di ruolo delle posizioni di vertice. C’è una domanda che da molto tempo chi si occupa di carriere si pone: ma è davvero indispensabile essere “Superman” o, nel caso specifico, “Superwoman” per ricoprire determinate posizioni?

Cosa ci dicono sul lavoro e il potere le dimissioni di Jacinda Arden?È una domanda importante perché ha a che fare con le possibilità di accesso di persone “normali” a queste posizioni. Persone che non vogliono diventare il ruolo che ricoprono in modo totalizzante, anche se solo per un periodo di tempo limitato come quello di un mandato presidenziale. Spesso la risposta a questa domanda è netta: per ricoprire alcune posizioni è necessario dedicarsi completamente, non c’è più tempo per altro. Non solo: le decisioni che si devono prendere sono così complesse e articolate da occupare completamente la mente e richiedere energie fuori da comune.  Come per un “ultratrail”: si facciano da parte i deboli e i perditempo.

Ma cosa si potrebbe fare per rendere le posizioni di vertice più sostenibili? A mio parere molto. 

Si potrebbe iniziare attivando i meccanismi di delega e ingaggiando anche i confini della gerarchia, come sostengono molti autorevoli esperti di organizzazione; limitando la “cultura del presenzialismo” che, soprattutto in politica, costringe a partecipare a tutte le occasioni di visibilità pubblica (pratica che spesso viene giustificata perché utile al mantenimento del consenso); avendo a disposizione esperti e professionisti che supportino nelle decisioni più complesse.

Arriva sempre, comunque, un momento di crisi in cui la fatica diventa eccessiva e non ci si ritrova nella dimensione pubblica predominante. È normale che sia così ed è quindi necessario ricorrere a un aiuto, chiedendo magari un momento di tregua o dicendo con franchezza che si sta raggiungendo il limite.

Cosa ci dicono sul lavoro e il potere le dimissioni di Jacinda Arden?Il ‘senso del limite’

Qualcuno parla di un nuovo potere al femminile, proprio perché innovativo rispetto al passato. È un aspetto molto intrigante, ma date le condizioni di cui sopra, spesso questo potere significa rinuncia. Una rinuncia che non deve essere vista con annesso un giudizio negativo. Esiste un’indubitabile saggezza e consapevolezza di sé in coloro che sanno calibrare le proprie forze e capire fin dove possono arrivare. Accettare quel limite che, se oltrepassato, potrebbe mettere in discussione la propria stabilità e la capacità di agire correttamente.

Per questo la rinuncia di Jacinda non è da sanzionare, ma appunto da comprendere identificando, come abbiamo cercato di fare, quali siano le azioni che avrebbero potuto prevenirla.

Certamente, da un punto di vista collettivo, l’esclusione delle donne dalle posizioni di potere rimanda a una carenza più volte sottolineata: quella di un punto di vista necessario per comprendere il mondo sociale e le sue dinamiche. È quindi con tristezza che guardiamo Jacinda Arden lasciare il suo mandato, in lacrime, con una scelta evidentemente sofferta.

Questa vicenda ci conferma che la strada da fare è ancora lunga. Dobbiamo cercare di rivedere alcuni stereotipi organizzativi ancora troppo diffusi e consolidati: ad esempio quello del “leader solo al comando”, che deve essere sempre forte e – soprattutto – presente.

Nell’universo aziendale, spesso più consapevole delle dinamiche rispetto alla politica, questo passaggio interpretativo, non è ancora stato fatto. Su questo cambio di mindset deve basarsi anche una cambiamento profondo del modo di lavorare e di come intendere il lavoro.

Identità in equilibrio

Nella nostra esperienza di consulenti e coach raccogliamo moltissime testimonianze di persone a cui, nel momento della crescita (magari anche non sostanziale dal punto di vista gerarchico) viene chiesta una dedizione totalizzante.

La conciliazione dei tempi è quindi un equilibrio di identità. Se indossare il ruolo di “presidente” non consente altro, molte persone continueranno a rispondere: no grazie. Sicuramente molte donne, ma anche tanti uomini che hanno compreso la necessità di una vita più bilanciata.

Confesso che quello che non mi è piaciuto della rappresentazione data dai media è quella frase riportata alla fine della testimonianza di Jacinda: ora chiederò al mio compagno di sposarmi. Mettendo ancora una volta in primo piano la dicotomia al femminile “impegno professionale – famiglia”.

Per concludere, questa fatica intrinseca ai ruoli di vertice viene affrontata e superata solo da chi una fortissima motivazione, anche personale, al potere. Ed è proprio per questo che tali ruoli devono essere ridisegnati in un’ottica armonica e sostenibile, che consenta di includere le diversità – siano esse di genere, di motivazione o altro – indispensabili per uscire da uno stereotipo pericoloso: quello dell’”uomo solo al comando” che tanti danni ha prodotto nella storia.

Autore

Cristina Bombelli

Fondatrice di Wise Growth, si è occupata di Diversity & Inclusion dagli anni ‘80.

È stata professoressa presso l’Università di Milano-Bicocca e per anni docente della Scuola di Direzione Aziendale dell’Università Bocconi dove ha fondato il primo centro studi di ricerca sul tema. È stata visiting scholar presso l’Università di La Verne in California.
È pubblicista e autrice di numerosi articoli sui temi del comportamento organizzativo e della gestione delle diversità. È stata presidente della fondazione “La Pelucca” onlus, dedicata ad anziani e disabili. È certificata IAP di THT (Trompenaars Hampden – Turner) per la consapevolezza interculturale, executive coach con Newfield e assessor con Hogan.

Ha pubblicato numerosi libri tra i quali i più recenti: Alice in business land. Diventare leader rimanendo donne, 2009; Management plurale. Diversità individuali e strategie organizzative, 2010; Un manager nell’impero di mezzo, 2013; Generazioni in azienda, 2013; Amministrare con sapienza, la regola di San Benedetto e il management, 2017; La cultura del Rispetto. Oltre l’inclusione, 2021.

Scrivi un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Iscriviti alla nostra newsletter

Inserendo la tua email acconsenti all’invio di newsletter sui nuovi articoli e sugli aggiornamenti relativi alle iniziative di Wise Growth