E’ vero, siamo in un’epoca frenetica, sempre di corsa, sempre affannati.
Mentre sei in metro ti squilla il cellulare, rispondi, con la coda dell’occhio guardi l’orologio; mentre stai facendo il risotto ti arriva la mail sul tablet (che magari stai usando per seguire la ricetta), la apri, la leggi, rispondi con le mani unte impiastricciando tutto lo schermo; mentre sei impegnata in un colloquio entra il collega con un’urgenza improcrastinabile, devi interrompere, ascoltare, proporre una soluzione.
I quadretti delineati si moltiplicano e sono tanto esilaranti quanto deliranti, basta aprire gli occhi ed osservare.
Provate a fermarvi qualche minuto, ovunque voi siate, e osservate come un antropologo la frenesia che attanaglia le persone in una grande città come Milano.
C’è una domanda che però rimane senza risposta: è efficiente tutto questo?
La decisione urlata al cellulare in metro, in mezzo a una trentina di persone, sarà quella giusta? Spesso appena premuto il tasto rosso di ‘fine conversazione‘ ecco che veniamo travolte dai dubbi: magari ci mancava qualche dato importante… E allora richiamiamo – sempre affannate, sempre di fretta – per ritrattare, per dire di aspettare un momento, con il tono di voce un po’ più basso, vergognandoci dell’incertezza.
Non c’è momento della nostra giornata in cui non telefoniamo, parliamo, leggiamo la posta o chattiamo sulle varie piattaforme messe a disposizione dalla tecnologia.
Questa follia montante riguarda tutti, uomini e donne.
Proprio ieri un amico mi raccontava che, entrato nell’orinatoio dell’aereoporto Charles De Gaulle, a Parigi, si è trovato di fianco un signore che, mentre svolgeva il compito a cui il luogo è preposto, parlava al telefono tenendolo stretto tra capo e collo. Il mio amico era tentato di fargli una foto, tanto la situazione era paradossale, ma poi ha pensato alla privacy…
Il multitasking
Siamo ormai abituati a vivere e lavorare in modalità multitasking.
Diversi studi hanno però dimostrato che il multitasking riduce l’attenzione, confonde le idee e incide negativamente sui risultati. Svolgere più azioni in un breve lasso di tempo e in maniera prolungata può essere controproducente e addirittura dannoso sul lungo periodo. Qui un test pratico per prendere consapevolezza che il multitasking non solo è deleterio per il sistema nervoso ma è anche molto più lento e inefficiente rispetto al fare le cose una alla volta.
Inoltre il multitasking in realtà non esiste: anche se pensiamo di fare diverse cose contemporaneamente in realtà ci troviamo di fronte a un’illusione tanto potente quanto diabolica. Dopo diverse ricerche Earl Miller, neuroscienziato del MIT e uno dei massimi esperti di attenzione divisa, è giunto alla conclusione che il nostro cervello non è cablato per il multitasking.
Noi donne poi corriamo un rischio ulteriore: siamo più predisposte degli uomini al multitasking.
Il corpo calloso nel tempo si è preso il suo spazio tra i due emisferi dandoci una competenza maggiore non tanto nel fare più cose contemporaneamente, quanto nel permetterci di passare da un compito all’altro con più rapidità; inoltre, sempre per il corpo calloso di cui sopra, abbiamo un’abilità linguistica più sviluppata, che può essere ripristinata anche in caso di gravi lesioni.
E allora eccole le mie interlocutrici in azienda: velocità di eloquio degna di Valentino Rossi alla partenza, attacco e stacco degno di Valentina Vezzali sulla pedana.
Dopo qualche minuto non resisto e dall’alto della mia età e della mia esperienza (che bello avere sessant’anni!) posso permettermi di dire loro: “Fermati un momento! prendi consapevolezza del tuo corpo e respira.”
Ed ecco che il registro cambia immediatamente. Sorridono, capiscono al volo cosa voglio dire e mi guardano grata. Ma la volta dopo le ritrovo nello stesso affanno, nel frullatore di un’abitudine che sta diventando cifra stilistica del femminile.
Hanno fretta, devono fare tutto, vogliono andare a casa con la “to do list” completata.
Come posso fare a convincervi che la velocità di eloquio non corrisponde all’ascolto? anche se riusciamo a pronunciare più parole in una certa unità di tempo, spesso chi le riceve fatica a cogliere il messaggio. E’ importante capire che chi ascolta deve fare tre operazioni fondamentali: decodificare il messaggio, connetterlo al proprio bagaglio cognitivo e trovare la risposta.
Allora meglio pochi messaggi ma ben calibrati. E poi, che autorevolezza ha una macchinetta-spara-parole?
Certo, la parlantina svelta è anche sintomo di un’intelligenza veloce, senza dubbio. Ma a quanto può servire questa intelligenza se non riusciamo a dimostrarla perché il nostro interlocutore non può star dietro al nostro discorso?
Inoltre la perenne concentrazione richiesta dal rapido ‘attacco-stacco’ cognitivo ci fa spesso dimenticare di avere un corpo: alla sera poi, quando cerchiamo di rilassarci, ecco che emergono i dolori; quella spalla troppo a lungo tenuta in posizione forzata per usare il mouse in modo rapido, mentre parliamo al cellulare e rispondiamo a più mail possibili; quel ginocchio che abbiamo dimenticato nella stessa posizione per ore e ore e che a fine giornata segnala, inopportuno, la sua presenza.
Prendiamoci un po’ in giro, facciamo delle sperimentazioni, godiamoci qualche istante di osservazione rilassata.
Esageriamo, magari, per capire il confine tra la velocità giusta, quella che ci fa essere efficienti, e quella macchiettistica, oberata di stress e di batticuore.
Poi ovviamente questo giocherà anche a favore del nostro benessere, ma quello che mi interessava sottolineare in questo breve scritto è l’inefficacia dell’iperattivismo.
Perché so che siete bravissime professioniste e questa motivazione, purtroppo, a volte per noi donne è più convincente del benessere.
So…slow down, please!