Donne Grandangolo

Centri antiviolenza: la loro importanza nella prevenzione dei femminicidi

Centri antiviolenza
Scritto da Erminia Belli
Prevenzione e sostegno

Leggendo l’interessante intervista a Stefania Prandi, pubblicata su Diversity Management, sul suo recente libro Le conseguenze. I femminicidi e lo sguardo di chi resta emerge con forza l’importanza delle attività di prevenzione e contrasto della violenza domestica o, come meglio dicono gli inglesi, della Intimate Partner Violence.

Nel 70% dei casi i femminicidi avvengono, infatti, dopo un periodo non breve di violenze da parte del coniuge, fidanzato, ex coniuge. È quindi possibile ridurne i numeri sia con una attività di prevenzione diretta, nella forma del sostegno alle donne nel percorso di fuoriuscita dalla violenza e con la valutazione insieme alla donna dei fattori di rischio, sia con una attività di prevenzione indiretta attraverso azioni di empowerment femminile e cambiamento culturale.

Queste attività sono svolte In Italia in gran parte dai centri antiviolenza nati a partire dalla prima metà degli anni Novanta, quasi in concomitanza con la modifica della normativa contro la violenza sessuale in cui per la prima volta si è affermato il principio per cui lo stupro è un crimine contro la persona e non contro la morale pubblica.

Centri antiviolenzaLa maggior parte dei centri oggi fanno parte della Rete DIRE che offre accoglienza telefonica, colloqui personali, ospitalità in case rifugio, consulenza psicologica e legale e sostegno a percorsi di autonomia.

 

Il CADOM

Da anni affianco alla mia attività professionale, l’attività di volontariato presso il Centro Aiuto Donne Maltrattate di Monza e Brianza (CADOM OdV), dove oltre alla attività di “accoglienza” delle donne, svolgiamo attività di formazione nelle scuole, prevenzione della violenza economica con i nostri Laboratori “Le donne e la gestione del denaro”, gruppi di auto-mutuo aiuto, promozione del lavoro di rete con gli attori istituzionali e sensibilizzazione sul territorio.

Il punto di forza di CADOM è aver definito sin dalla sua fondazione nel 1994 un progetto con un orizzonte ben definito:


«Il costruire un Centro di aiuto per donne maltrattate per noi vuol dire operare per modificare i rapporti fra le donne.
Noi abbiamo messo al centro del nostro progetto non la donna o le donne, ma la relazione tra le donne.
Questo significa che non ci limitiamo a fornire assistenza o servizi; per questo tipo di intervento esistono sul territorio altre strutture.»


«Noi abbiamo l’ambizione di curare altri aspetti del rapporto con la donna che si rivolge al nostro centro.
Qui trova rispetto, stima, ascolto, non giudizio ma solidarietà, attenzione e competenza. Solo così crediamo sia più facile per lei trovare le sue soluzioni ai suoi problemi.»


«Lei usa le nostre competenze e noi usiamo le sue, lei la nostra forza di gruppo e noi la sua grande resistenza e così via in uno scambio continuo ed in continuo arricchimento reciproco.
Noi crediamo infatti che non sia sufficiente creare un luogo favorevole alle donne come soggetti deboli da proteggere. Crediamo sia molto più costruttivo un modo di pensare e agire che favorisca relazioni fra donne sempre più solidali.»

Uno spazio sicuro

Nel tempo abbiamo capito che il maltrattamento è un fenomeno complesso e che ha bisogno anche di altro per essere sconfitto.
La donna maltrattata ha bisogno di uno spazio protetto in cui sentirsi accolta, ascoltata, creduta e non giudicata, ha bisogno di tempo per prendere coscienza di quanto le sta capitando, per pensare e decidere se e come muoversi, ha bisogno di poter vivere delle relazioni diverse da quella col maltrattante, ha bisogno della solidarietà di altre donne in cui possa riconoscersi e rispecchiarsi.

 

Possiamo dire che per combattere il maltrattamento c’è bisogno di un prima (di ascolto, riflessione comune, progetto condiviso) e solo dopo si può cominciare a fare (denunce, richieste di sostegno economico o di una casa, o di un lavoro, ricorso per la separazione…). Altrimenti si rischia di vanificare gli interventi successivi, con – tra l’altro- uno spreco di risorse umane ed economiche: si vedano le denunce ritirate, l’invalidamento della separazione per aver accolto in casa l’ex partner ‘pentito’, le ‘fughe’ dalle case protette, ecc.

E questo ‘prima’ deve essere protetto, riservato e segreto. Anche perché la donna che subisce violenza domestica abita, mangia, dorme, vive col suo maltrattatore.
Questo spazio protetto non è e non può essere il servizio sociale del luogo in cui la donna risiede, dove è conosciuta e dove risiede anche il maltrattatore.
È uno spazio che può essere offerto invece da un centro antiviolenza e la donna deve sapere ed essere sicura che ciò che lei racconterà da lì non uscirà, se non quando sarà lei a volerlo e solo col suo consenso.

La collaborazione con Wise Growth

Dal 2020 CADOM ha iniziato a collaborare con Wise Growth per promuovere attività di sensibilizzazione e prevenzione sul fenomeno nelle aziende.
Questa collaborazione ha permesso la realizzazione di un modulo formativo “La cultura del rispetto: contaminazioni tra sfera professionale e sfera privata”, disponibile per creare consapevolezza in ambito organizzativo.

Autore

Erminia Belli

Laureata in Giurisprudenza, ha un diploma in Economia del Lavoro presso l’Università di Leiden, in Olanda, dove ha abitato alcuni anni. Ha una vasta esperienza in tematiche HR, maturata come responsabile a livello italiano e europeo di grandi multinazionali in settori diversi- dal manifatturiero all’hotellerie, dal Consumer alla Distribuzione- con particolare riferimento al Talent Management, allo sviluppo organizzativo, a merge & acquisition. Da sempre nutre interesse per i temi del Diversity Management. Da molti anni impegnata nel no profit, fa parte del Consiglio Direttivo del C.A.DO.M di Monza, un centro aiuto contro la violenza domestica che opera sul territorio di Monza e Brianza dal 1994. Il Centro offre colloqui di accoglienza a donne in situazione di maltrattamento domestico, supporto legale e psicologico, nonché svolge attività di prevenzione nelle scuole e formazione per operatori sociali, sanitari e giudiziari.

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