Lavoro e Management

Il lavoro agile in Italia

Il lavoro agile in Italia
Scritto da Adele Mapelli
Dopo il successo delle due precedenti edizioni, il Comune di Milano ripropone la Giornata del Lavoro Agile, un progetto del Piano Territoriale degli Orari che si pone l’obiettivo di sensibilizzare le aziende del territorio verso una nuova modalità di organizzazione dello spazio e del tempo di lavoro, facendola sperimentare ai lavoratori in una giornata simbolica che quest’anno sarà il 18 febbraio.

Il lavoro agile, o smart working, concetto sviluppato per la prima volta in Toyota con l’obiettivo di rendere le linee di produzione più rapide, è un nuovo modo di lavorare, un nuovo paradigma, fortemente collegato alla nozione di ‘lavoro indipendente dalla location’.

“Consente ai lavoratori coinvolti di prestare la propria attività lavorativa indipendentemente dalla localizzazione geografica, secondo i loro tempi e le loro preferenze nelle modalità di svolgimento del loro lavoro: nessun cartellino da timbrare, nessuna postazione di lavoro fissa in sede, nessun orario e vincolo logistico” (Cuomo, Mapelli, 2014).

Numerosi sono gli elementi che portano oggi le imprese a lavorare sulla flessibilità spazio temporale in modo incisivo, senza ridurla al solo part time, o alla fascia oraria di flessibilità in entrata e uscita dall’ufficio:

  • le potenzialità della tecnologia che consentono una connessione ovunque ci si trovi;
  • la necessità di risparmiare sui costi aziendali;
  • l’attenzione crescente delle imprese verso i temi della responsabilità sociale (lavoro agile significa abbassamento dei consumi con impatti significativi sull’ambiente);
  • il cambiamento dei bisogni e delle esigenze dei lavoratori: un dato sotto gli occhi di tutti è che i giovani che entrano o stanno per entrare nel mondo del lavoro esprimono la necessità di volere bilanciare la vita professionale con quella personale.

L’obiettivo che sta a monte della diffusione di questa pratica di lavoro è quindi quello di creare una organizzazione più efficiente, efficace e reattiva, basata su una forza lavoro più equilibrata, motivata, innovativa e produttiva, ingredienti essenziali per sopravvivere in un mondo globale e sempre più sfidante.

La diffusione del lavoro agile nelle imprese in Italia

Spunti interessanti su questo tema ci vengono offerti dalla seconda edizione dell’indagine Cranet (Cranfield Network on Comparative Human Resource Management) condotta nel 2014-2015 in Italia e curata dal Bicocca Training and Development Centre dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca insieme all’Associazione Italiana per la Direzione del Personale.
La ricerca che ha coinvolto più di 160 aziende, si è posta l’obiettivo di fornire una fotografia riguardo le pratiche e le politiche di gestione delle Risorse Umane delle aziende italiane private e nelle pubbliche amministrazioni con più di 200 dipendenti.
Il 26% delle grandi aziende del campione della ricerca Cranet dichiara di utilizzare lo smart working.

“Da un lato si evince un tema tecnico legato alla disponibilità da parte delle organizzazioni di strumenti tecnologici in grado di abilitare lo smart working nonché della prontezza della funzione HR su aspetti di ICT. Infatti, nelle aziende in cui l’utilizzo di un sistema informativo integrato di gestione delle risorse umane è già ampiamente adottato, e quindi la dimensione tecnologica è già entrata a pieno regime nelle modalità operative della direzione del personale, si assiste ad un generale maggiore utilizzo dello smart working nell’organizzazione. Dall’altro, bisogna prendere in considerazione i profili professionali a cui questa modalità lavorativa è dedicata. Essendoci, infatti, una correlazione positiva tra l’utilizzo dello smart working e la percentuale di manager presenti nell’organizzazione, è chiaro come nella bassa percentuale di dipendenti interessati da questa modalità di lavoro ci siano prevalentemente manager” (Cranet, 2015).

Dati analoghi provengono dall’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano: una grande azienda su due ha già adottato politiche di lavoro agile, mentre fra le PMI il fenomeno è poco diffuso. Il lavoro agile in ItaliaNelle grandi imprese l’utilizzo dello smart working è aumentato nel 2015, con progetti avviati nel 17% delle organizzazioni contro l’8% del 2014, mentre un altro 14% è in fase esplorativa ed il 17% ha varato iniziative di flessibilità solo per alcuni profili.

Possibili benefici e ostacoli

Da un’analisi condotta su aziende (soprattutto inglesi e americane), che da anni utilizzano il lavoro agile emerge innanzitutto un beneficio economico: il lavoro agile infatti presuppone un cambiamento degli spazi e non implica che debba esistere una scrivania per ogni dipendente. Quindi meno spazi significa meno costi per l’azienda: mediamente il risparmio si aggira sul 20% dei costi aziendali tant’è che molte aziende hanno dichiarato di essere riuscite a superare la crisi economica degli ultimi anni, proprio grazie al lavoro agile. Oltre ad un abbassamento dei costi relativi agli immobili, le aziende registrano anche una diminuzione delle spese generali ascrivibili ai rimborsi o indennità per spese di trasporto o dei tickets per i pasti.
Non solo: lavoro agile significa anche abbassamento del turn over, minori tassi di assenteismo, minori assenze per malattia ed un aumento dei profitti aziendali.
Anche i lavoratori possono beneficiare del lavoro agile ottenendo maggiore autonomia e controllo nella gestione del proprio lavoro che tende a ridurre le interferenze del lavoro sulla loro vita privata, e parallelamente ad aumentare la soddisfazione e la motivazione a produrre; inoltre i lavoratori che operano in aziende attente al tema della conciliazione beneficiano di una miglior salute e benessere personale: tale beneficio trova conferma in alcuni studi che hanno dimostrato come l’introduzione di flessibilità lavorativa comporti una riduzione dello stress del 70% (WFC Resources, 2006).

Dunque benefici aziendali e benefici per i lavoratori: se così è, perché molte aziende sono ancora resistenti rispetto a questa modalità lavorativa?
La principale barriera all’implementazione dello smart working ha a che fare ancora una volta con la cultura aziendale. L’acquisto e diffusione di nuove tecnologie e la riorganizzazione degli spazi e delle postazioni di lavoro da soli non sono sufficienti.
La diffusione della fiducia e il focus sulla responsabilità personale sono la vera chiave del successo. Il lavoro agile infatti tende a favorire una cultura della responsabilizzazione facendo leva sull’effettivo raggiungimento degli obiettivi da parte del lavoratore e, destrutturando tempi e luoghi di erogazione della prestazione lavorativa, destruttura anche la cultura del presenzialismo così tanto diffusa nelle imprese italiane che tende a generare:

  • la consuetudine di intendere il lavoro come presenza in ufficio;
  • un carico di ore lavoro non commisurato ai risultati da raggiungere (over time);
  • un sistema di valutazione che premia la quantità del tempo trascorso sul luogo di lavoro anziché il livello di produttività effettivo.

Tutto questo implica, soprattutto nel senior e middle management, una rivoluzione del mindset, dato che quello che i dipendenti fanno, diventa più importante rispetto a dove i lavoratori fisicamente sono ed implica parallelamente una rivisitazione delle politiche di gestione delle persone, in primis quelle relative alla valutazione della prestazione, in modo da passare da un sistema orientato al controllo ed alla presenza ad un sistema orientato al merito ed al raggiungimento effettivo degli obiettivi.
Il tema è ampiamente oggetto di interesse e discussione tant’è che il Governo ha presentato un disegno di legge collegato alla Legge di Stabilità 2016 che regolamenta la materia in modo da dar vita ad uno strumento meno rigido rispetto al telelavoro, con caratteristiche e obblighi (per il lavoratore e per il datore di lavoro) propri, e per incentivare e accompagnare un profondo cambiamento culturale nella concezione del lavoro: il passaggio dal lavoro ‘a timbratura di cartellino’, al lavoro per obiettivi.
Un passo in avanti di natura giuridica che sicuramente faciliterà l’adozione dello smart working da parte delle imprese.

Autore

Adele Mapelli

Dopo un Master in SDA Bocconi School of Management, è stata per quindici anni Professor di SDA Bocconi e coordinatrice dell’Osservatorio Diversity Management dal 2008 al 2013. Oggi si occupa di consulenza HR per la gestione e lo sviluppo delle risorse umane e di formazione sui temi del comportamento organizzativo e della diversity&inclusion. È autrice di numerosi articoli e pubblicazioni sui temi legati alla gestione e alla valorizzazione della diversità nelle organizzazioni: con L. Girelli ha scritto "Genitori al lavoro. L'arte di integrare figli, lavoro, vita", Guerini, 2016; con S. Cuomo ha pubblicato "Engagement e carriera: il peso dell’età", Egea, 2014; "La flessibilità paga. Perché misurare i risultati e non il tempo", Egea, 2012; "Un posto in CDA. Costruire valore attraverso la diversità di genere", Egea, 2012; "Maternità, quanto ci costi? Una analisi estensiva nelle imprese italiane", Guerini, 2009; "Diversity Management. Gestire e valorizzare le differenze individuali nell’organizzazione che cambia", Guerini, 2007.

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