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Parole per cambiare rotta. Intervista a David Bevilacqua

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A volte imbarcarsi con il trolley sbagliato può cambiarti la vita: è ciò che è successo a David Bevilacqua.
Dopo una lunga carriera come manager internazionale, a seguito di un’epifania avvenuta in aeroporto – complice un trolley troppo grande per essere imbarcato – Bevilacqua si è trovato a riflettere sul proprio percorso e a decidere di cambiare direzione.

Nel suo libro “Le parole per cambiare rotta” l’autore offre degli spunti utili al lettore per riflettere sul proprio percorso lavorativo e sulla managerialità. Lo fa partendo da alcune parole chiave, come tempo, errore, fiducia, leadership. L’obiettivo è di trovare uno stile di management più consapevole e sostenibile.
Sulla base di queste parole, abbiamo discusso con l’autore riguardo ai percorsi personali di crescita e sviluppo. In particolare, abbiamo affrontato i temi più affini all’ambito che ci riguarda, l’inclusione della diversità in azienda.

Il tempo

Il primo argomento toccato nella nostra conversazione è stato quello del tempo. Sicuramente una delle parole più discusse in questo momento storico.
Il mito del presenzialismo e del manager che deve rimanere in ufficio fino a tarda ora sembra essere messo in discussione dai cambi di paradigma in atto nel mondo lavorativo.

Ma è davvero possibile una diversa gestione del tempo?
Parole per cambiare rotta

David Bevilacqua è convinto di sì.
Tuttavia, sottolinea, c’è una distinzione da fare tra organizzazioni sostenibili e organizzazioni non sostenibili.
Vi sono aziende che per funzionare devono avere persone che lavorino 50 ore a settimana. Queste organizzazioni hanno performance di bassa sostenibilità.

Un’azienda veramente sostenibile dovrebbe evitare alte percentuali di burnout e di conseguente turnover.
Inoltre, il fatto di rimanere per un periodo limitato in una determinata posizione lavorativa, fa si che non vi sia il tempo necessario per trasmettere ai successori cosa è stato fatto fino a quel momento. Una situazione che potremmo definire “rottura della catena delle conoscenze”.
Oltre a questo, raggiungere risultati significativi vuol dire avere il tempo necessario per riflettere, elaborare le informazioni, produrre scelte

Diversity & Inclusion

Nel libro non vi è un capitolo dedicato alla Diversity & Inclusion, ma molte sono le pagine in cui la tematica emerge con chiarezza.

Un primo spunto importante su cui riflettere è il fatto che il tema, complice la moda, viene spesso “impartito” in pillole che poco danno conto della complessità degli argomenti. Una sorta di imposizione, un po’ falsa.

Nel caso personale dell’autore è stata l’esperienza a costruire la capacità di convivere con le differenze: una famiglia al femminile, l’infanzia trascorsa nei cortili della Milano di qualche tempo fa e una scuola in cui vi erano ragazzi di differenti estrazioni sociali e provenienze geografiche.

È comunque importante, secondo Bevilacqua, che le aziende affrontino questi temi, cercando il più possibile di transitare dalla formazione alla cultura aziendale, con una attenzione specifica agli episodi particolari, affinché tutti si sentano responsabili di “bonificare” l’universo in cui si convive.
E’ attraverso un equilibrio tra leadership, modelli di ruolo e regole – una sorta di “contaminazione culturale”– che si raggiunge un risultato duraturo.
Un aspetto sottovalutato riguarda il fatto che, trasmettendo ai collaboratori un certo tipo di valori, questi vengono veicolati nelle famiglie e nella società.


Le aziende sono diventate un luogo importante di riflessione e formazione, contesti da cui è possibile sviluppare una cultura del rispetto.

Anche le iniziative di questo tipo tuttavia, secondo l’autore, hanno a volte aspetti problematici.
Poiché le tematiche di inclusione hanno iniziato a diventare mainstream, può capitare che si supportino alcune cause solamente per moda.
Si tratta del classico “washing” utilizzato per raccontare l’azienda in modo migliore, per essere più cool.
«Le cose si devono più fare e meno raccontare» dichiara David Bevilacqua «a volte si finisce a fare più quello che è comunicabile più quello che effettivamente serve.»

Costruire la propria managerialità

Le parole del testo appaiono al lettore come le tessere di un “puzzle” la cui lettura finale può essere intesa come un itinerario per costruire la propria managerialità.

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Sottolinea Bevilacqua «Alcune persone agli inizi della carriera che hanno letto il mio libro mi hanno fatto presente che ho potuto fare un passo indietro e scelte diverse perché in realtà  avevo già acquisito potere e denaro sufficiente per farlo. Questo, in parte, è vero, ma ciò che io consiglio ai giovani è di fare le proprie esperienze, ma non rimanere accecati da uno stile di vita che poi è molto difficile da portare avanti e abbandonare. E di non perdere mai la propria identità personale. Non trascurare le motivazioni interne a discapito di quelle esterne.».

Parole per il passato, parole per il futuro

Le parole scelte da David Bevilacqua appartengono sia al passato che al futuro.
Sono parole che si sono sempre usate e sempre si useranno, ciò che cambia è l’interpretazione, il loro significato nella scala valoriale e nelle scelte di vita di un manager.
Non esistono parole giuste o sbagliate.
Il vero obiettivo è riflettere sempre su ciò che rappresentano queste parole, cercando di vivere il ruolo manageriale nel modo più consapevole possibile per ciascun individuo nelle diverse fasi della carriera. 

Autore

Redazione Diversity-Management.it

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