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Manager per caso: intervista ad Angela Deganis

Manager per caso

Ci sono momenti nella vita che restano per sempre indelebili nella memoria. È quanto è successo ad Angela Deganis. 

Una mattina si fermò davanti allo specchio e iniziò a fare a se stessa una serie di domande.

Quel momento ha dato il via ad una lunga riflessione che è sfociata nel libro Manager per caso un testo divertente che mette in luce le caratteristiche dei tanti manager incontrati nel corso della vita lavorativa dell’autrice. 

Manager per caso
Angela Deganis

Manager per caso: riflettere sulla quotidianità

Il libro descrive scene di vita vissuta in cui tutte le persone possono riconoscersi. Alcune situazioni appaiono chiaramente “tossiche”, chi legge se ne rende conto. Tuttavia si tratta di scene comuni nella quotidianità. Una quotidianità su cui spesso non si riflette più, quando si corre su quella ruota da criceto che sembra essere diventato il lavoro.

Il “manuale di sopravvivenza” dà qualche spunto, ma ci vorrebbe molto di più per attuare un effettivo cambiamento.
Nel saggio sono presenti anche dei test, che valgono molto più di un sorriso, in cui sviluppare un’autoconsapevolezza.

Un nuovo umanesimo manageriale

È partendo da questo quadro che ho chiesto all’autrice di parlare del suo nuovo libro. Il volume è un condensato di ironia da cui però – a mio parere – traspare un “grido di dolore”. 

È così – risponde Angela – in quindici anni di vita aziendale ho raccolto molti momenti di sfogo, di sgomento e di autentica insofferenza”.

L’obiettivo del libro quindi si allarga al tentativo di un nuovo “umanesimo manageriale” come ben sottolinea nel suo spazio su LinkedIn.

La domanda è al contempo semplice e complessa: perché bisogna “soffrire” al lavoro? Non sarebbe più sano utilizzare quel tempo prezioso e coinvolgente, per i fortunati che fanno un lavoro che amano, in un clima aziendale  più rilassato, divertente e ovviamente non meno produttivo?

Tipi di Manager

Manager per caso: intervista ad Angela DeganisNella tassonomia iniziale dei “tipi di manager” incontrati chiedo ad Angela chi sono, dal punto di vista della creazione di un ambiente tossico, i peggiori?

 

Sicuramente il “grande dittatore” il capo iper-egoico che abbiamo conosciuto tutti nella vita, che ha un livello di ascolto decisamente basso, crede fermamente nelle sue idee e, soprattutto, utilizza uno stile di comunicazione perennemente aggressivo.  

L’altro personaggio di cui diffidare è il manager “Ponzio Pilato”, anche questa figura ben nota a chi ha esperienze lavorative, che riesce sempre a schivare le decisioni, anche quelle meno complesse, per paura di fare qualche errore”.

Nel primo caso il clima aggressivo, come emerge da numerose ricerche, sta diventando un fattore determinante nel desiderio di lasciare e trovare alternative lavorative.  Quindi, l’idea di rivedere il modo di lavorare, di trovare alternative alla corsa costante, allo stress quotidiano sui risultati è assolutamente centrale per il management del futuro.

La strada dell’umorismo

L’altra scelta curiosa, in mezzo a tanti manuali e testi accademici, è quella di utilizzare l’umorismo. Una scelta rischiosa che potrebbe risultare stucchevole. 

Il risultato invece è leggero, ma con la capacità di approfondire, pur lasciandole sottotraccia, molte tematiche centrali in questo periodo.

Chiedo il motivo di questa strada, che potrebbe rivelarsi impervia:

L’umorismo mi ha sempre interessata, tanto che è stato oggetto della mia tesi di laurea su Pirandello. È una modalità più semplice di dire le cose, ma anche di fare sentire una corrente empatica a coloro che leggono, che si ritrovano nelle situazioni quotidiane raccontate. In questo percorso sono stata sostenuta dei miei interessi per Ikigai e dalle letture di Byung-Chul Han, filosofo coreano che vive e insegna in Germania”.

Ikigai è una parola giapponese che si può tradurre con “ragione di vita”, “ragion d’essere”, che trova eco in quel “purpose” che molte persone cercano e che poche aziende offrono. 

Qui forse è il vero  nodo della questione: quando il lavoro diventa parte dell’identità non è più possibile fermarsi ad uno scambio “contrattuale”, il famoso tempo per il salario, ma occorre un passo in più. È necessario offrire una dimensione esistenziale che vada oltre il guadagno, ma che risuoni in un modo armonico tra l’offerta di uno scopo aziendale e la domanda di un progetto di vita.

Da  “vecchia organizzativa” quale sono mi chiedo se si sono fatti passi avanti in questo senso. Penso di sì, ma davvero ancora molta strada resta da fare.

Speriamo che l’umorismo sia una chiave nuova per proseguire…

Autore

Cristina Bombelli

Fondatrice di Wise Growth, si è occupata di Diversity & Inclusion dagli anni ‘80.

È stata professoressa presso l’Università di Milano-Bicocca e per anni docente della Scuola di Direzione Aziendale dell’Università Bocconi dove ha fondato il primo centro studi di ricerca sul tema. È stata visiting scholar presso l’Università di La Verne in California.
È pubblicista e autrice di numerosi articoli sui temi del comportamento organizzativo e della gestione delle diversità. È stata presidente della fondazione “La Pelucca” onlus, dedicata ad anziani e disabili. È certificata IAP di THT (Trompenaars Hampden – Turner) per la consapevolezza interculturale, executive coach con Newfield e assessor con Hogan.

Ha pubblicato numerosi libri tra i quali i più recenti: Alice in business land. Diventare leader rimanendo donne, 2009; Management plurale. Diversità individuali e strategie organizzative, 2010; Un manager nell’impero di mezzo, 2013; Generazioni in azienda, 2013; Amministrare con sapienza, la regola di San Benedetto e il management, 2017; La cultura del Rispetto. Oltre l’inclusione, 2021.

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