Il libro di Luigi Zoja, Il gesto di Ettore, Preistoria, storia e scomparsa del padre (Bollati Boringhieri) è un testo denso e intenso.
Denso perché raccoglie la sfida di ricostruire il ruolo del padre nella storia partendo da quel momento della nostra preistoria in cui un maschio decise che era più opportuno per la continuazione della specie, creare un focolare, tornando dalla compagna e dalla prole, piuttosto che vivere una vita isolata nel gruppo dei simili.
Un momento fondante che, creando la figura del padre, inizia la storia dell’umanità.
La riflessione sul ruolo del padre continua nel tempo, declinando un’ascesa che sostiene la creazione di modelli sociali ed organizzativi, con alla base un principio di autorità e di trasmissione di conoscenze e valori. Un ruolo che si incaglia e sbiadisce soprattutto a partire dalla grande guerra, dove la paternità – da un punto di vista simbolico – quasi scompare. Contemporaneamente la rivoluzione industriale spezza la famiglia contadina, dove nel bene e nel male, un ruolo paterno aveva uno spazio preciso, per decostruire il tempo della natura in quello del lavoro, con un novo modello di società.
Interessante un passaggio, che personalmente mi ha colpito:
I lavoratori manuali, vittime di una situazione oggettiva, che aveva bruscamente separato i figli dai padri, già con la prima industrializzazione hanno ottenuto poco alla volta dei miglioramenti che hanno restituito loro il tempo da trascorrere in famiglia. A chi è di condizione elevata è successo quasi l’opposto. Questo padre divorzia più frequentemente degli altri. Fino a che punto i mezzi culturali ed economici gli permettono di conservare il contatto con il proprio figlio?
Oltre alla dirompente situazione delle famiglie separate, si aggiungono le modalità organizzative che ancora oggi, soprattutto per persone di cultura elevata e di tempo di lavoro totalizzante, in cui i padri spariscono delegando alle madri gli aspetti organizzativi e di cura. Ovviamente, come abbiamo sottolineato anche in un recente libro Genitori al lavoro, Guerini Next, i nuovi padri esistono e stanno prendendo uno spazio consistente, ma spesso anche loro devono combattere con alcuni vizi organizzativi di difficile scomparsa.
Il libro dicevamo è anche intenso. Perché oltre agli aspetti storici e sociali, si evincono le storie di vita personali che costituiscono le singole tessere del puzzle più ampio.
Zoja attinge alla sua enorme esperienza di psicoanalista per raccontare le difficoltà di chi, uomo o donna, si trova alla ricerca di un padre scomparso. E accanto a questa dimensione se ne scorge un’altra, quella del maschile che è alla faticosa ricerca di una mediazione tra i modelli proposti, scarsi e spesso poco utilizzabili, e le scelte personali di costruzione di un soggettivo bilanciamento tra il lavoro e la vita che non è semplicemente una tematica organizzativa, ma che propone una ridefinizione di identità articolata e profonda.
Il femminile che in questi anni ha reinterpretato il proprio ruolo, pur con sforzo, ha costruito individualmente e collettivamente una modalità nuova; il maschile invece si trova in difficoltà, non avendo avuto spazi e luoghi per compiere una riflessione che viene lasciata troppo spesso nella dimensione individuale.
Il “gesto di Ettore” è l’innalzamento del figlio agli dei che l’eroe omerico compie, confermando la sua identità di padre e aiutando il figlio nella costruzione della propria. Un gesto simbolico che è scomparso nella rottura del legame tra padre e figlio e che necessita nuovi modi, concreti e simbolici, per riconnettersi.
I luoghi di lavoro hanno in questo processo un potenziale ruolo: costruire spazi di incontro tra le diverse identità, nella ricerca di un nuovo equilibrio, ma soprattutto rivedere una volta per tutte le modalità totalizzanti che non consentono né agli uomini né alle donne di alimentare la parte dell’identità che è quella di padri e di madri.