Come viene trattato il tema del confronto culturale nelle organizzazioni?
L’itinerario di sviluppo sui temi di Diversity, Equity & Inclusion (DEI) nelle aziende italiane è stato abbastanza simile nel corso del tempo. Si è delineato una sorta di “modello” che descrive le attenzioni che si sono poste ai diversi aspetti della questione.
Dalle tematiche di genere alla disabilità, passando per le generazioni in azienda
L’inizio è stato indubbiamente legato alle tematiche al femminile, ambito che è stato ritenuto significativo per due ordini di ragioni.
La prima è che questo è stato il tema più tradizionalmente sviluppato nei Paesi considerati più avanzati. La seconda è più legata alla situazione italiana, sempre molto lontana da una effettiva parità di genere.
Un interesse crescente è stato poi riservato al tema delle differenze generazionali e delle potenziali frizioni che questa convivenza può generare nei contesti aziendali. Ad esempio possono esserci incomprensioni, stereotipi reciproci, rischi di collisioni. Questo ha come conseguenza la riduzione dell’efficacia e della produttività.
Via via il focus si è spostato anche alle persone con disabilità nel mondo del lavoro. Il tema è complesso e ancora poco considerato nelle aziende, ma recentemente è diventato oggetto di un’attenzione sempre più concreta.
Organizzazioni e cultural diversity
C’è un aspetto invece, oggetto di moltissimi studi interessanti ed estesi – come ad esempio i lavori di Hofstede e Trompenaars – che rimane sempre sullo sfondo e viene poco agìto nei contesti lavorativi. Si tratta del tema delle differenze culturali del confronto culturale.
Gli autori citati offrono una mappa di decodifica dei potenziali conflitti molto utile. Questa può aiutare coloro che si trovano in queste situazioni a capire le radici di alcune incomprensioni.
Lo schematismo procedurale di un tedesco, ad esempio, può collidere con la creatività latina. Così come la concezione del tempo di una società medio orientale è sicuramente differente dalla rigorosità nord europea. Questi contributi teorici aiutano non solo i manager ma anche i singoli a migliorare la consapevolezza delle specificità culturali, ad affinare la comprensione di cosa accade e soprattutto a trarne delle possibili soluzioni.
Poco invece è stato fatto, sia a livello teorico che pragmatico, per quanto riguarda le policy strategiche delle aziende multinazionali. È un aspetto importante che è ora di considerare, dato che un’organizzazione internazionale ha sedi e business in molti Paesi che tra loro possono essere diametralmente differenti.
Considerare le specificità di ogni situazione
Di recente un direttore del personale di una grande azienda americana raccontava con rammarico di “progetti DEI (Diversity, Equity & Inclusion)” esportati con le medesime parole, azioni e modalità in Paesi dal contesto culturale e socio-politico completamente diverso.
Alcuni esempi: come è possibile proporre iniziative di inclusione per le persone LGBTQI+ in Polonia, dove l’orientamento sessuale viene addirittura perseguito dalla legge? E un percorso di empowerment femminile in Paesi in cui le donne hanno pochissima libertà di scelta e sono ammesse al contesto pubblico solo tramite un “rappresentante” maschile?
Il tema è molto delicato e complesso e va affrontato considerando le specificità di ogni situazione.
Altrimenti il rischio è quello di proporre interventi poco efficaci e senza alcun impatto sulla cultura organizzativa. Anzi, è possibile che provochino resistenze e incomprensioni senza portare cambiamenti concreti.
Il nostro approccio
Per uscire da questa impasse la proposta di Wise Growth alle aziende consiste nell’evitare i progetti preconfezionati, anche se innovativi e comunicativamente stimolanti, e privilegiare l’approccio bottom-up.
È necessario quindi partire da una ricognizione concreta dello stato dell’arte nei diversi Paesi.
Se rimaniamo sull’esempio del femminile bisognerà comprendere quale area di libertà le donne posseggono, quali sono le pressioni culturali di cui sono oggetto, quali necessità oggettive dichiarano per garantirsi un posto di lavoro o sviluppare una carriera. Ciò significa portare, attraverso dei percorsi di ascolto, la discussione ad un livello molto concreto. Questo può avvenire dimostrando apertura ad accogliere anche modalità culturalmente distanti da chi promuove le iniziative.
La tanto criticata globalizzazione e un dialogo reale e fattivo, possono aiutare a superare i pregiudizi. Questo può avvenire affrontando le situazioni di reale svantaggio e aggiungendo alcuni tasselli di maggiore libertà e inclusione a categorie di persone estromesse o addirittura ostracizzate.
Un lavoro non semplice, che richiede un atteggiamento di ricerca, più che di risposta. Di analisi, più che di sintesi. Ma è l’unica strada per far sì che le persone si sentano davvero, come dice un antico proverbio cinese, “sotto un unico cielo”.